Londra, la musica e Cremona Musica: intervista a Emma Arizza e Stefano Marzanni

di Ruben Marzà

Emma Arizza (violinista, 25 anni, di Como) e Stefano Marzanni (pianista, bresciano, 34 anni) condividono, oltre alle origini lombarde, un percorso di studio che li ha portati a perfezionarsi al Royal College of Music di Londra, città dove vivono tuttora. Attivi sulla scena internazionale come solisti, cameristi e didatti, a Cremona si esibiranno in duo con un programma centrato sulle sonate di Busoni e Sibelius.

 

Due lombardi, londinesi di adozione: come avete scelto la metropoli britannica?

Emma: Avevo incontrato un insegnante del Royal College of Music a una masterclass, così dopo il diploma e la maturità ho deciso di tentare l’audizione, per poi trasferirmi a Londra. Là ho frequentato i tre anni di Bachelor, per poi spostarmi per il Master al Trinity Laban: questo è il mio ottavo anno a Londra. Devo dire che in generale ho sempre avuto l’idea di studiare all’estero, già da piccola ho frequentato corsi estivi in Russia, Romania, Francia e Spagna. Diciamo che è un po’ la classica storia dello studente italiano che cerca fortuna all’estero…

Stefano: La mia invece è una storia un po’ diversa: dopo tre anni di Legge ho deciso di lasciare l’università per dedicarmi esclusivamente al pianoforte. Un amico che viveva a Londra mi suggerì di provare l’audizione al Royal College, io ero un po’ scettico inizialmente, e invece mi hanno preso. Sono arrivato a Londra esattamente 8 anni fa, e da allora sono rimasto bloccato qua [ride].

 

Come vi ha accolto Londra?

E: Di italiani, soprattutto musicisti, ce ne sono tanti, viene naturale conoscersi e fare squadra. Anche se del mio anno, al College, ero l’unica…

S: C’ero anche io, ma non ci conoscevamo ancora.

E: Esatto, conoscevo tutti tranne lui [ride]. Poi negli anni si è formato un bel gruppo. In generale l’Italia e gli italiani sono ben visti, hanno forse una visione un po’ romantica e nostalgica del Belpaese, tra arte, cucina e clima…

S: Certo, i primi anni sono sempre impegnativi, arrivi in una giungla dove rischi di trovarti completamente perso tra milioni di persone, senza un’idea precisa. La nostalgia di casa resta, per quanto ci si possa trovare bene si è sempre stranieri.

 

Visto che avete lanciato la questione…come vi siete conosciuti?

E: Tutto è nato alla Royal Albert Hall, dove andai con mia sorella Beatrice a sentire il concerto di un pianista bresciano, Federico Colli – credo che Beatrice già avesse un certo interesse per lui [ride]. E lì c’era anche Stefano con una sua amica d’infanzia che conosceva bene Federico.

S: Passammo la serata tutti insieme, là ho incontrato Emma per la prima volta. È stato davvero un concerto “cupido”, perché poi noi ci siamo messi insieme, e così Beatrice e Federico.

 

Entrambi vi dedicate anche all’insegnamento: che importanza ha la didattica nella vita di un musicista?

E: Fondamentale. Per me una svolta è arrivata in tempo di lockdown, quando pensai di trovare un modo simpatico per condividere la mia esperienza: così sono nate le “1 minute violin tips”, pillole di tecnica su Instagram e YouTube. Hanno avuto molto successo, è stato un modo per aprirmi agli altri in un periodo difficile. Al momento insegno in due scuole e ho molti allievi privati: ritengo che l’insegnamento mi renda una musicista migliore. Inoltre qua, rispetto all’Italia, è molto più facile organizzare la propria giornata e la propria attività in maniera flessibile.

S: Io ho iniziato a insegnare dal mio secondo anno a Londra, e con il tempo le soddisfazioni sono cresciute: quando gli allievi studiano, si interessano e vengono ai concerti ti senti un po’ il creatore di una piccola comunità di appassionati. Ho sempre preferito portare avanti entrambe le strade, da insegnante e da performer: la dimensione sociale della musica non va trascurata, i rapporti che sa creare, altrimenti quella del musicista rischia di essere un’esperienza solitaria e chiusa.

 

Nel caso di Stefano, poi, l’interesse non è solo rivolto alla classica…

S: Dopo il College avevo quasi deciso di abbandonarla, avevo voglia di esplorare altri mondi che già apprezzavo e frequentavo: ho sempre suonato in varie band, preso lezioni di jazz e ascoltato di tutto. Qua mi sono anche lanciato come tastierista pop. Devo dire che a Londra tutto è più facile, da questo punto di vista: hai una città intera da cui apprendere, c’è musica dal vivo ovunque e a tutte le ore. Fino a che, un giorno, Emma mi ha chiesto di ricominciare con la classica, e lì tutto è crollato… [ride]

E: In effetti siamo stati molti anni senza suonare insieme. La prima occasione è stata alla Royal Albert Hall, dove abbiamo suonato un nostro arrangiamento della Czarda di Monti; tutto grazie al College, che ogni settimana proponeva una folta lista di opportunità. Poi abbiamo ripreso in tempo di pandemia.

S: Abbiamo voluto dare al duo questa impronta creativa e capace di coinvolgere il pubblico, abbiamo anche un arrangiamento di arie d’opera con tocchi di tango e jazz che proporremo a breve a Firenze.

 

Un’impronta che si riflette anche nel programma che ascolteremo a Cremona?

E: Per l’occasione abbiamo scelto un repertorio di stampo più classico, con due sonate di Busoni e Sibelius. Chissà, forse per il bis…

 

Progetti futuri per il duo?

E: Stiamo preparando un’incisione con l’integrale delle sonate di Sibelius, compresi due manoscritti; uno me lo sono dovuto far spedire dalla Finlandia, è stato abbastanza complicato…

S: …e lo stiamo trascrivendo, guarda caso, su Sibelius! [ride]

E: Avremo concerti a Firenze, a Londra e poi a Milano, a dicembre, per la Società dei Concerti: in quell’occasione suonerò con Gloria Campaner in ricordo di Antonio Mormone, sarà un momento importante, ho avuto l’onore di essere l’ultima musicista che ha ascoltato.